Alphabet Workers Union, il sindacato di Google
Alphabet Workers Union, il sindacato di Google è nato da un gruppo ristretto di ingegneri e colletti bianchi e si propone obiettivi primariamente etici.
Tempi di lotta nella Silicon Valley.
Un gruppo di oltre 225 tra ingegneri e altri dipendenti di Google ha annunciato la nascita di un sindacato dei lavoratori.
Si chiama Alphabet Workers Union, dal nome della società madre ed è stato organizzato in segreto per la maggior parte dell’anno.
Il gruppo è affiliato al Communications Workers of America, un sindacato che rappresenta i lavoratori delle telecomunicazioni e dei media negli Stati Uniti e in Canada.
Al momento, i lavoratori di Google e Alphabet non hanno chiesto ai vertici aziendali il riconoscimento formale del sindacato, né hanno annunciato un’elezione sindacale. Secondo le leggi statunitensi, ciò significa che Google non è ancora tenuta a riconoscere Alphabet Workers Union. Affinché i lavoratori possano considerarsi formalmente sindacalizzati è necessario che l’azienda riconosca volontariamente il loro sindacato oppure che questo sia approvato con il voto di almeno metà degli iscritti. In altre parole, i lavoratori di Google stanno ora avviando una campagna di sindacalizzazione, la quale, stando alla legge federale sulle relazioni sindacali del 1935, non può essere boicottata in alcun modo dall’azienda.
La creazione sindacato è un fatto inusuale per tutta l’industria tecnologica americana, composta in gran parte da manager e colletti bianchi. È una breccia interessante prima che importante in quella Silicon Valley da sempre contro la presenza di sindacati di qualunque tipo (Google, a novembre scorso, aveva licenziato quattro dipendenti che stavano lavorando a una organizzazione sindacale violando – secondo l’azienda – la privacy dei colleghi).
I lavoratori hanno detto che la creazione del sindacato è stato principalmente uno sforzo per dare struttura e longevità all’attivismo di Google, ma molto probabilmente questa è solo la breccia d’entrata dell’attività del sindacato in attesa di consolidarsi.
Alphabet Workers si è autodefinita come una “piattaforma per l’attivismo” all’interno di Google e secondo i suoi fondatori vorrebbe essere espressione di una militanza già ricorrente a Google e nella Silicon Valley, anche se prevalentemente orientata ad agire su questioni di diversità di genere, discriminazioni salariali e molestie sessuali.
In un loro testo pubblicato lo scorso 4 gennaio sul New York Times, Paul Kohl e Chewy Shaw – presidente e vicepresidente del nuovo sindacato – hanno scritto: “Alphabet è una società potente, responsabile per vasti settori di internet. I suoi servizi sono usati da miliardi di persone in tutto il mondo. Ha la responsabilità di favorire il bene pubblico. La responsabilità nei confronti di migliaia di dipendenti e miliardi di utenti di rendere il mondo un posto migliore. Come lavoratori di Alphabet possiamo contribuire a costruire quel mondo”.
Ma entriamo nello storico del percorso che ha portato al sorgere di questa pietra miliare nella Valley.
Nel 2018, 20.000 lavoratori di Google sono stati protagonisti di uno sciopero in seguito ad alcuni episodi di molestie risolte senza conseguenze penali ed anzi con ricche buonuscite per gli accusati.
Altre proteste si sono registrate contro la fornitura di tecnologie a dipartimenti statali come il Pentagono e il Border patrol incaricato delle politiche anti-immigrati di Trump (due impiegati che avevano contestato gli appalti sono stati licenziati nel 2019).
Oggetto di ripetute critiche interne è stata anche la disponibilità dell’azienda ad adattare i motori di ricerca alle richieste di censura, ad esempio da parte della Cina.
Una serie di istanze etiche tornate recentemente alla ribalta della cronaca in seguito al licenziamento dell’esperta di intelligenza artificiale Timnit Gebru che aveva pubblicato uno studio che rilevava una parzialità dei sistemi di AI di Google nei confronti delle minoranze etniche. Un allontanamento che ha solo accentuato le accuse di parzialità e di discriminazione nei confronti di una studiosa di colore.
Rivolto a tutti i lavoratori di Big G, dipendenti a tempo pieno, dipendenti temporanei, fornitori e appaltatori, il sindacato Alphabet Workers Union ha l’obiettivo di garantire che le condizioni di lavoro siano eque e che, al tempo stesso, Alphabet agisca in modo etico. “Non c’è posto per molestie, fanatismo, discriminazione o ritorsione. Diamo la priorità ai bisogni e alle preoccupazioni degli emarginati e dei vulnerabili. I lavoratori sono essenziali per il business. La diversità delle nostre voci ci rende più forti”, si legge nella nota ufficiale visibile sul sito stesso dell’organizzazione.
Il sindacato ha poi voluto precisare quali sono i valori che governeranno la sua stessa attività:
Tutti i lavoratori di Alphabet meritano una voce: dipendenti a tempo pieno, dipendenti temporanei, appaltatori e fornitori. “Ci prendiamo cura e ci sosteniamo a vicenda lottando per un dialogo aperto e continuo tra i membri del sindacato”.
La giustizia sociale ed economica è fondamentale per ottenere risultati giusti. “Daremo la priorità ai bisogni dei più poveri. La neutralità non aiuta mai la vittima”.
Tutti meritano un ambiente accogliente, libero da molestie, fanatismo, discriminazione e ritorsioni indipendentemente da età, casta, classe sociale, paese di origine, disabilità, razza di genere, religione o orientamento sessuale.
Tutti gli aspetti del nostro lavoro dovrebbero essere trasparenti, inclusa la libertà di rifiutarsi di lavorare su progetti che non sono in linea con i nostri valori. “Dobbiamo conoscere l’impatto del nostro lavoro, che si tratti di lavoratori di Alphabet, delle nostre comunità o del mondo”.
Le nostre decisioni vengono prese democraticamente, non solo eleggendo i nostri leader che stabiliscono l’agenda, ma ascoltando attivamente e continuamente ciò che i lavoratori ritengono importante.
Diamo priorità alla società e all’ambiente invece di massimizzare i profitti a tutti i costi. Possiamo fare soldi senza fare il male.
Siamo solidali con i lavoratori e i sostenitori di tutto il mondo, che stanno combattendo per rendere i loro luoghi di lavoro più giusti e chiedono che l’industria tecnologica si rifiuti di mantenere le infrastrutture di oppressione.
Infine, è importante specificare che i membri dell’Alphabet Workers Union contribuiranno con una quota pari all’1% del proprio compenso personale. Cifra che, come evidenzia la stessa organizzazione, “è stata identificata sulla base di un’analisi delle quote di altri sindacati (dove l’1,25% era nella media) e che servirà per costituire un fondo di sciopero per compensare le persone per la perdita di salario in caso di sciopero.
Si tratta di un primo, importante fatto, che apre la strada alla sindacalizzazione in un settore e in uno stato che da sempre combattono l’insorgere di istanze di questo tipo attraverso i più svariati mezzi e sostenendo a questo scopo investimenti anche ingenti. La precarizzazione e la mancanza di diritti è un vantaggio non solo economico per le aziende americane e ancor di più per quelle della Valley.
Staremo a vedere.
Luigi Saravo
E qui i robot della Boston Dynamics