Clubhouse il social network dove si parla
Clubhouse il social network basato sull’interazione vocale è ancora in versione beta e vi si può accedere solo su invito ma già è una stella nascente della rete.
L’obiettivo di Clubhouse è semplice: favorire le conversazioni fra utenti attraverso l’interazione vocale in tempo reale. Un social network fatto di voci, a metà strada fra una chat vocale, un podcast aperto e una tavola rotonda, ancora in versione beta eppure già esploso a livello di notorietà.
Per ora, in Italia, Clubhouse è usato soprattutto da giornalisti, esperti di digitale e persone con un grosso seguito online (tra cui Luca Bizzarri e Marco Montemagno). Al momento siamo in una versione di sviluppo che permette di poter accedere al social network solo se si viene invitati da un altro utente. Per la stessa ragione ci si può accedere solo da una app (non dal browser di un computer) e soltanto in inglese. La app può essere scaricata solo su iPhone o iPad con sistema operativo iOS 13.0 o più aggiornato. Si Lascia nome, cognome e numero di telefono, fondamentale in questo social network.
Chi non ha ricevuto l’invito può comunque scaricare l’app e mettersi in lista d’attesa, aspettando che uno degli amici collegati lo inviti ufficialmente.
Ogni utente di Clubhouse ha a disposizione due inviti per far entrare altre persone, quindi il primo modo per crearsi un profilo è farsi invitare da qualcuno che si conosce e che è già registrato. È possibile, però, farsi ammettere tramite qualcuno che si conosce anche se questa persona ha già usato i suoi due inviti: basta che il proprio numero di telefono sia salvato nella sua rubrica. Infatti una volta che ci si è registrati nella lista d’attesa per entrare in Clubhouse tutte le persone con cui si è in contatto che sono già registrate sul social network ricevono una notifica e hanno la possibilità di «lasciarvi entrare» senza usare inviti.
Il principio fondante di Clubhouse è quello delle Room, le stanze virtuali dove avvengono le discussioni. Ogni iscritto può aprire una Room, diventandone di fatto amministratore e moderatore. E farlo secondo tre differenti modalità: Open, Social e Closed. Una stanza Open è di fatto aperta a chiunque stia navigando nell’app; una stanza Social è visibile solo alle persone interconnesse (ad esempio, coloro che seguiamo); una stanza Closed è – come dice la parola stessa – chiusa, privata, accessibile cioè solo a chi l’ha creata e a chi è stato invitato (un po’ come accade per alcuni gruppi di Telegram).
Le prime due sono forse quelle più interessanti perché favoriscono l’aggregazione spontanea e virale di persone che vogliono discutere di un certo argomento, o quantomeno interessate. Già perché poi, come in ogni social, c’è anche la volontà di conoscere persone nuove o, più passivamente, di stare alla finestra a guardare. O meglio, ad ascoltare.
A questo proposito, va detto che chi accede a una stanza pubblica è inizialmente in muto, può solo ascoltare. Per sbloccare il microfono e intervenire deve effettuare una richiesta alzando la mano. Sarà il moderatore a concendergli il diritto di parola. Lo stesso moderatore potrà inoltre invitare altri utenti a parlare e impostare il numero massimo di oratori.
Le conversazioni all’interno di una room possono durare anche molte ore (non c’è limite di durata) ma è possibile in qualsiasi momento lasciare la stanza (esiste un apposito tasto Leave quietly) ed eventualmente rientrarci in un secondo momento. Le stanze scompaiono dopo la fine dell’evento.
«Il nostro scopo era costruire un’esperienza social che venisse percepita come più umana, dove invece di postare ci si riunisce con altre persone per parlare» hanno spiegato qualche giorno fa i fondatori di Clubhouse, Paul Davison e Rohan Seth, sul blog del social network. «Volevamo creare uno spazio tale per cui quando chiudi la app ti senti meglio di quando l’hai aperta, perché ti ha permesso di approfondire un’amicizia, incontrare persone nuove e imparare qualcosa». Le conversazioni non sono registrate sull’app, né possono essere condivise tra gli utenti o scaricate, se non con strumenti esterni che vanno contro l’idea alla base del social.
Valutata 100 milioni di dollari già quando aveva soltanto 1.500 utenti, adesso che ha raggiunto i due milioni di utenti attivi ogni settimana la valutazione ha raggiunto un miliardo di dollari.
Tra gli aspetti da esaminare ancora c’è quello della moderazione, che ha già creato problemi e sollevato parecchie critiche negli Stati Uniti, dove i fondatori sono stati accusati di aver sottovalutato il problema e di non aver impostato una chiara politica di moderazione. Politica tanto più necessaria in un social audio, in cui è estremamente difficile avere prove di eventuali comportamenti molesti o illegali e in cui il fatto che tutto avvenga in presa diretta rende anche più difficile intervenire.
Prima di aprire al mondo intero – anche se la sensazione è che stia già di fatto avvenendo – la comunità di Clubhouse dovrà risolvere questi problemi e probabilmente fornire sempre più potere ai moderatori esperti (una nuova professione?). Solo il tempo ci dirà se Clubhouse sarà una sorta di social network di conversazioni stimolanti sui temi più vari o diventerà – nella più classica dinamica social – un regno di pseudo-guru dove tutti si parlano addosso fingendosi esperti di qualcosa. Per il momento, però, sembra davvero di essere di fronte a qualcosa di nuovo e dalle potenzialità inesplorate.
Luigi Saravo
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