Cohousing: soluzioni abitative eco-sostenibili promosse dal basso
Non un’alternativa drastica come le “comuni” nate negli anni 70, bensì una soluzione complementare alla modernità. Il Cohousing restituisce valore alle reti sociali e agli spazi condivisi, contemplando stili di vita sostenibili senza rinunciare alle comodità.
Stabilire una connessione perpetua tra le persone e l’ambiente circostante, voleva essere una prerogativa del progresso tecnologico. Tuttavia nella maggior parte dei casi, sembra che la funzione di tablet, smartphone e pc, sia stata anzi quella di allontanare dal contesto urbano in cui la vita reale si estrinsecava, consentendo l’accesso ad un mondo ritagliato su misura ma purtroppo finto: quello virtuale.
Nel giro di pochissimi anni è diventato più facile confrontarsi su Facebook o Twitter, che scendere in strada e parlare con i vicini di casa. Più pratico acquistare online, che rivolgersi ai negozianti. La realtà di quartiere viene vissuta con inerzia, risentendo inevitabilmente della scarsa attenzione ricevuta da parte di cittadini distratti, troppo indaffarati a consultare il telefono per riuscire a guardarsi intorno.
È possibile migliorare il proprio stile di vita con il cohousing?
Nato in Danimarca e sviluppatosi con successo nel resto del nord Europa, il cohousing sta finalmente approdando anche qui in Italia. Si tratta di una versione evoluta dei rapporti di buon vicinato, una sfida ai modelli abitativi tradizionali che comporta risparmi tangibili anche nel breve periodo.
Il termine cohousing significa letteralmente coabitazione. Facendo questa premessa, è facile intuire in cosa consista questa innovativa forma di “vicinato” intergenerazionale: spazi condivisi, buonsenso, collaborazione, servizi più efficienti e sostenibilità ambientale. È infatti provato che attraverso un utilizzo mirato delle risorse disponibili, sia possibile raggiungere elevati standard abitativi:
- risparmio energetico grazie all’impiego di fonti rinnovabili, domotica e soluzioni di ultima generazione
- ottimo rapporto qualità prezzo, dovuto all’innovativa formula immobiliare “dal basso”
- welfare sociale.Tutti i rapporti si basano sul supporto reciproco e la cooperazione
- integrazione economica mediante la formazione di Gas (Gruppi di acquisto solidale)
Sostenibilità ambientale, sociale ed economica sono anche le parole d’ordine di NewCoh, una delle organizzazioni italiane che operano nel settore del cohousing dal 2006.
Una folta community composta da circa 20mila famiglie dislocate in tutt’Italia, conta sul recupero e la riqualificazione del patrimonio immobiliare presente sul territorio, ossia una rigenerazione urbana che non preveda la costruzione di nuove strutture, ma l’utilizzo di quelle preesistenti.Questo implica che siano le persone a proporre luoghi e modalità, non il mercato.
Ogni giorno arrivano segnalazioni da cittadini stufi della propria realtà metropolitana ed interessati ad uno stile di vita diverso, più salubre. NewCoh valuta circa 4/5 progetti a settimana, proposti da privati, banche, fondi, costruttori ed immobiliaristi di tutta Italia
Sebbene i primi nuclei abitativi siano sorti soltanto in alcune regioni settentrionali, Lombardia e Toscana prevalentemente, le richieste sono in costante aumento, facendo prevedere una crescita esponenziale del fenomeno su tutto lo Stivale
Come funziona il cohousing?
La prenotazione simbolica dell’alloggio deve avvenire prima che il gruppo interessato si costituisca ed inizi il percorso di progettazione partecipata. La cifra richiesta in genere non supera i 3000euro per nucleo familiare e viene ovviamente restituita in caso di rinuncia.
“Di solito – riferisce alla redazione di Terza Rivoluzione, Nadia Simionato, Ceo di NewCoh – preferiamo attendere che gli utenti accettino la proposta d’acquisto prima di procedere. Solo in quest’ipotesi s’inizia ad entrare nel merito, intraprendendo il classico iter che prevede si una piena condivisione delle decisioni, ma senza alcuna ricetta preconfezionata. Possiamo affermare che in linea di massima ci siano sempre regole condivise dettate dal buonsenso dei membri del gruppo, ma difficilmente applicabili a contesti diversi”.
Non è stato sempre semplice fare da “cabina di regia”- aggiunge la Ceo – la realizzazione dell’idea iniziale richiede attenzione ed impegno da parte di tutti gli attori. Nel cohousing infatti, non puoi prevedere con esattezza cosa verrà deciso, ogni progetto ha le sue peculiarità e deve essere considerato necessariamente in divenire.
L’esempio di Chiaravalle
Da quanto riportato dalla Simionato, il cohousing nasce dalle esigenze personali di microcomunità aperte al contesto urbano in cui s’inseriscono e dunque al resto del mondo. I villaggi creati godono di una discreta autonomia grazie all’autosostentamento energetico garantito da pannelli fotovoltaici ed impianti geotermici di ultima generazione, ma non sono del tutto autosufficienti. L’integrazione nel quartiere risulta dunque fondamentale. Un esempio valido è quello di Chiaravalle, un progetto iniziato nel 2012, che coinvolge 50 nuclei familiari distribuiti in 5 edifici storici su circa 25.000mq di superficie. Qui è stato realizzato il primo sistema geotermico a cielo aperto, una soluzione ecologica che ha consentito di classificare il borgo in classe energica A+. Nelle aree comuni sorgono orto, frutteto, campo basket, piscina, barbeque, biblioteca, micronido, lavanderia, foresteria, hobby room, sala polifunzionale, laboratorio di cucina, car-pooling …
In genere gli spazi dedicati ai servizi sono decisamente maggiori di quelli destinati ad uso abitativo, in tal modo riusciamo ad ammortizzare i costi, conclude N.Simionato.
Valentina Barretta