La casa autosufficiente che fa bene alla salute

Biosphera 2.0 è la casa autosufficiente di soli 25mq.

Pannelli termici, materiali naturali e sensori che rendono l’uomo parte attiva nel mantenimento della temperatura ideale sono scheletro, cuore e anima dell’abitazione del futuro, Biosphera 2.0.

Suddivisa in zona giorno, zona notte, bagno e centrale tecnica, alla mini-casa non manca nulla, anche se misura solo 25 mq.

pianta-biosphera la casa autosufficiente

A guardarla dall’esterno, Biosphera 2.0 sembra un container costruito con una particolare attenzione al design, ma questo modulo autosufficiente è molto di più di un’abitazione temporanea: è un progetto pensato per testare nuove soluzioni abitative in grado di generare benessere psicofisico e far sentire i propri ospiti in armonia con la natura.
Il modulo infatti, unisce sostenibilità energetica e Biophilia, ovvero la sensazione innata nel ricercare il contatto con le forme naturali.

esterna-estiva_biosphera 2.0 la casa autosufficiente

Nato su iniziativa di Aktivhaus, ZEPHIR-Passivhaus Italia e in collaborazione con il Politecnico di Torino e l’Università della Valle d’Aosta più varie istituzioni ed enti, il progetto di ricerca è adesso in roadtrip internazionale con un obiettivo: certificare il comfort abitativo senza ricorrere a reti di energia esterna garantendo, anche in condizioni ambientali estreme, una temperatura interna costante (21 gradi in inverno e 25 in estate).

Abbiamo chiesto a Mirko Taglietti, Ceo di Aktivhaus l’obiettivo del progetto:

Vogliamo divulgare una nuova cultura dell’abitare e mostrare gli standard energetici altissimi che si possono raggiungere adottando le nostre nuove tecnologie

Poi ha iniziato a raccontarci Biosphera 2.0 partendo dal successo della prova invernale:

«Siamo partiti il 1 Marzo con la tappa di Courmayeur, che ha esposto il modulo a -23 gradi, lo stress test invernale è stato superato.»

Avrete messo duramente alla prova il riscaldamento …

«Negli edifici di nuova generazione il fattore del riscaldamento è ormai un elemento banale. In Biosphera 2.0 il sistema di riscaldamento è fatto da semplici piastre radianti che lavorano con la corrente elettrica utilizzando la frequenza degli infrarossi, con -20 fuori sono entrate in funzione solo dai 10 ai 18 minuti al giorno perché i corpi umani all’interno sono stati sufficienti a scaldare e mantenere una temperatura media tra 20 e 21 gradi, sotto il Monte Bianco.»

esterno notte monte bianco-casa autosufficiente

Cosa avete rilevato, a Milano?
«Milano era la seconda tappa, eravamo in mezza stagione e non serviva il riscaldamento: il test ha rivelato che durante le mezze stagioni non servono fonti di energia. Pur avendo posizionato il modulo nel parco Indro Montanelli, i rilevamenti hanno purtroppo confermato una pessima qualità dell’aria. Fortunatamente il modulo ha filtri di nuova generazione e poteva filtrare l’aria all’interno, purificandola.
La qualità dell’aria permette di risparmiare molti costi sociali, già nel 1982 l’OMS ci aveva messo in guardia dalla sindrome dell’edificio malato, un pericolo per di chi abita o lavora in edifici con impianti non manutenuti, filtri non puliti etc.»

Come mai avete deciso di portare il modulo “in tour”?
«Biosphera 2.0 si basa su due vettori principali: il primo è testare e poi il secondo certificare. Sulla carta possiamo costruire un modulo secondo i protocolli energetici 2020/2030 , ma abbiamo voluto portarla sul campo per un anno per capire se poi effettivamente, rispetto alle simulazioni fatte, i consumi che ci siamo posti come obiettivo (la famosa energia zero tra climatizzazione e fotovoltaico, cioè produzione) sono conseguibili.»

Come avviene il monitoraggio del benessere delle persone?
«L’iperinvolucro (una struttura di 45 cm di spessore) ultra-performante mantiene l’energia, sensori e contatori fanno le verifiche. Due centraline rilevano gli inquinanti presenti nell’aria, i sensori che li monitorano mostrano la differenza in tempo reale tra quello che si respira fuori e dentro. La cosa più difficile è misurare il comfort abitativo.»

Come è stato accolto il modulo?
«La tappa di Milano è stata piena di curiosi. Qualcuno ci ha lasciato rifiuti elettronici pensando fosse un cassone di raccolta! La cosa più difficile è spiegare cosa simboleggia.»

Simboleggia un sistema di vita o la dimostrazione che si può vivere in pochissimi Mq, se si hanno gli strumenti giusti?

«Biosphera 2.0 è così piccola per ragioni pratiche, doveva rientrare negli standard di trasporti su ruote. Ma tutti hanno pensato che poteva essere quello l’obiettivo. L’obiettivo è, invece, quello di dimostrare che con le nuove tecnologie si possono costruire edifici con standard qualitativi altissimi come questo, una cosa che noi facciamo.»

Come è nata la collaborazione con il Politecnico di Torino?

«Grazie a loro, il Dipartimento di Architettura e Design e un workshop internazionale realizzato ad Aosta, gli studenti sono stati reclutati e divisi in gruppo e hanno disegnato la funzionalità estetiche e formali del modulo. Mentre l’Università della Val d’Aosta sta monitorando l’approccio cognitivo e mentale delle persone.»

Come mai monitorate l’approccio mentale delle persone? Forse perché il modulo è troppo piccolo?
«Lo monitoriamo perché il modulo è stato progettato con i criteri della Biophilia, una branca della scienza che studia tutto ciò che gli esseri umani hanno in affiliazione naturale con la natura. Ad esempio la vetrata da 3.5 x 2 metri che si apre nel soggiorno, rendendo permeabili interno ed esterno, è stata progettata per annullare la sensazione degli spazi ridotti. E infatti, grazie alla vetrata, all’interno del modulo si percepiscono più Mq di quelli effettivi. Questo è un modo di operare per minimizzare i disagi causati dalle superfici, anche il campus di Google è stato ristrutturato con i criteri della Biophilia.»

Cosa c’è dopo Biosphera 2.0?
«L’esperimento finirà nella primavera 2017 e stiamo pensando a Biosphera 3.0.
Potrebbe essere un modulo molto simile ma oggetto di un’altra forma sperimentale, stiamo pensando di portarla agli estremi del globo, dal campo base dell’Everest al deserto (da -50 Gradi a +50 Gradi) per testare le tecnologie che cambieranno radicalmente l’edilizia dei prossimi 15/20 anni.»

biosphera la casa intelligente_estate

Fino al 30 agosto 2016 Biosphera 2.0 si troverà a Riccione, dove sta testando i livelli di stress al caldo. La prima a partecipare alla sperimentazione è stata Renata Tosi, sindaco della città.

Un’abitazione di 25 mq può essere totalmente autosufficiente dal punto di vista energetico e risultare anche piacevole da vivere: Biosphera 2.0 non è stata costruita per sfidare le proporzioni standard della casa tradizionale, ma tra i risultati del progetto c’è anche questo.

Le esperienze degli ospiti della mini-casa si possono leggere nel Blog dedicato, perché la casa del futuro -naturalmente- è anche social.

Virginia Marchione