Le verità impermanenti e il Pianeta X
C’è un dibattito in rete da qualche tempo. Non è un dibattito nel senso canonico del termine ma numerosi siti si rimbalzano la notizia della scoperta del Pianeta X, un nuovo pianeta del sistema solare, con toni diversi.
C’è chi grida alla scoperta epocale e chi minimizza, sottolineando che la scoperta, per ora, non ha una prova sperimentale ma sia solo vera “in teoria”.Il fatto è che due ricercatori, attratti da alcune coincidenze nelle orbite della fascia di Kuiper si sono messi a studiarle statisticamente e dopo simulazioni sui loro andamenti hanno tirato fuori un modello dove il fantomatico pianeta è presente e con la sua presenza, tra l’altro, mette ordine in una serie di anomalie finora inspiegabili come il flusso di nuove comete dalla nube di Oort, o il comportamento bizzarro delle orbite di Sedna.
C’è da dire che questo pianeta, denominato Pianeta X, sia nelle mire degli astronomi da generazioni e la sua scoperta, quando verrà confermata da un’osservazione diretta, sarebbe uno dei migliori colpi di sempre in materia di caccia astronomica.
La questione potrebbe sembrare avvincente solo per appassionati di astronomia ma l’interesse che suscita ci indica dell’altro. Il fatto è che qui, come altre volte, la posta in gioco non è tanto di natura puramente astronomica ma investe il modo in cui ognuno di noi percepisce la realtà.
La nostra cultura, abbandonate le sacre scritture, rivolge le proprie domande in materia di verità alla scienza. È la scienza che ci racconta le verità del mondo, è lei che ci offre il solido sostegno su cui poggiare i piedi quando osserviamo la natura, gli eventi della nostra vita, i fenomeni del reale.
Ma ci sono momenti in cui le verità che la scienza ci offre, cambiano.
L’abbiamo visto succedere altre, innumerevoli, volte e ogni volta la gran parte di noi ha voluto dimenticare l’impermanenza delle verità che cercavamo come riparo al caos del mondo e ha continuato a voler credere che le verità proposte dalla scienza fossero salde come quelle delle antiche religioni e che come loro ci avrebbero fornito un solido orientamento nel nostro viaggio nel reale e noi suoi fenomeni. Molti di noi hanno in questo caso operato, in fondo, una rimozione. Non hanno voluto credere che quello che conosciamo come solida realtà potesse da un momento all’altro vacillare sotto i colpi di un ricercatore qualunque. Hanno dimenticato, forse, che la realtà non è qualcosa fuori di noi che dobbiamo trovare ma qualcosa che noi come cultura e noi come singoli continuamente creiamo in relazione agli strumenti e ai linguaggi di cui disponiamo. Ora mi rendo conto che la cosa detta così potrebbe suonare ostile a molti ma questa dimensione creativa è il nerbo che percorre la nostra storia umana e si può decidere di non guardarla ma di fatto è lì, scritta a volte col fuoco, a volte col sangue, nel grande libro della Verità.
Apparentemente l’aggiunta di un nuovo pianeta non sembra chiamare in causa il problema così come lo sto ponendo ma invece lo fa, rendendolo solo più facilmente osservabile. L’eccitazione diffusa per la scoperta, il dibattito che fa rimbalzare la notizia tra i siti, sono il frutto di un sottile fremito fisico che percorre chi scrive e chi legge, una delicata, profonda, vibrazione mossa dal tema delle verità immutabili che mutano.
Ma per indagare la cosa nella sua immediata evidenza ci sposteremo per qualche istante nella cucina di un appartamento di circonvallazione Ostiense, alla Garbatella, a Roma, non più di qualche giorno fa.
«Nuovi indizi su un pianeta nascosto ai confini del Sistema Solare? I calcoli pubblicati sull’Astronomical Journal da Michael Brown e Konstantin Batigyn, confermerebbero la sua esistenza» dice la radio accesa sul mobile della cucina.
Adesso il fatto è che Ettore sente questa storia del Pianeta X praticamente dappertutto. Catalizziamo la nostra attenzione su qualcosa e quel qualcosa lo andiamo a incontrare ad ogni piè sospinto come se fosse continuamente presente senza che ce ne fossimo resi conto prima. Miracoli delle griglie della percezione.
E così da quando suo padre gli ha parlato del pianeta X, Ettore non fa che ritrovarselo dappertutto.
La cosa, poi, assume un’importanza particolare per lui dal momento che proprio da poco a scuola hanno studiato il sistema solare e di pianeti ce n’erano 8, e quegli 8 pianeti sembravano una cosa incontrovertibile, un fatto che chiunque sapeva e sul quale non c’era da discutere se non si voleva prendere un bel 4 in scienze. Sta di fatto che Ettore non pensa ad altro e gli sembra da una parte un’idiozia che così tutto a un tratto i libri di scuola sbaglino e dall’altra che sia una vera figata perché forse il suo maestro da oggi in poi si darà una calmata con quella sua aria da “so tutto io”.
Certo un neo c’è nella questione. Ettore s’è informato a colpi di ditate sporche di marmellata sul tablet di suo padre e ha capito che “gli scienziati che hanno scoperto la scoperta,l’hanno scoperta solo in teoria questa scoperta”, e si attende ora una prova, una prova vera. Questa storia del fare le cose in teoria tra l’altro lo affascina molto e già si immagina di potersi inventare parecchie cosette con i suoi amici giustificandosi col fatto che le cose di cui parla esistano “in teoria” e che siano in attesa di una prova sperimentale. Ma questa volta la cosa è troppo importante e non se la sente di aspettare gli scienziati per una conferma della scoperta che farebbe fare una bella figura da fesso a quel presuntuoso del maestro.
Così, convocato Edi, al secolo Edoardo Silos Mariani, esperto in “free Lego construction” e laureato con lode proprio qualche settimana prima a casa di Marcello grande possidente Lego, ha deciso che costruirà con lui l’astronave giusta per andare a cercarlo questo pianeta X e farla finita con la storia della “teoria”. E così nella notte a cavallo tra il 27 e 28 maggio l’ingegnere Lego e il viaggiatore, dopo aver assemblato un’astronave radunando tutti i pezzi disponibili in ogni casa dei loro compagni di classe, e tappezzata la cameretta di Ettore di infinite stelle ricavate con lo scotch fosforescente della cartoleria Iacchetti all’angolo, hanno spento le luci e sono partiti.
Il viaggio non è stato corto.
Il Pianeta X ruota attorno al Sole con un’orbita inclinata, passando vicino alla fascia di comete di Kuiper ogni 27 milioni di anni. È un puntino luminescente tra le miriadi di pezzetti di scotch, ma loro l’hanno trovato. Quello che si dice in giro è vero. Il pianeta X è una Superterra, una cosa a metà strada tra il solido e il gassoso dove Ettore e Edi, giurano, hanno attraversando muri densi come un barattolo di Nutella e affondato i loro piedi nelle scale della chiesa locale. Tornati, (e neanche la soddisfazione è riuscita a cancellare la fatica del viaggio) e data conferma ai finanziatori che avevano sostenuto l’impresa versando mattoncini Lego su mattoncini per la costruzione dell’astronave, ci si è poi resi conto che la scoperta, ormai conclamata, portava con sé dettagli non trascurabili. Il pianeta, dice Google, è di fatto il responsabile delle piogge di meteoriti che hanno raso al suolo la terra 27 milioni di anni fa provocando un’estinzione di massa. Ma non si chiude così la cosa. Il maledetto pianeta ha scaricato sicuramente la sua pioggia funesta moltissime altre volte, ogni 27 milioni di anni esatti. Il che vuol dire che noi esseri umani tutti, secondo i ricercatori assiepati attorno al Pc del padre di Ettore a casa di Ettore, conosciamo solo gli ultimi 27 milioni di anni di cose che sono successe e prima potrebbe essere ben successa qualunque altra cosa, il che, ancora una volta, vuol dire che, magari, anzi “in teoria”, la terra ha avuto altri cicli dove (e qui Ettore come padrone di casa si è fatto valere nella sua ipotesi “teorica”) ci sono stati mondi belli e compiuti di cui non è rimasta traccia, mondi, magari, uguali al nostro dove le persone, però, se l’erano cavata meglio in fatto di compiti a casa, perché, sempre a detta del padrone di casa, “la scuola lì manco sapevano che esistesse”.
Ecco, credo che Ettore si sia assunto la responsabilità di indagare il tema in cui cerco di non annegare con una dedizione completa, senza riserve, e con la passione di ogni vero uomo di ricerca. Gli strumenti che la tecnologia ci offre, le capacità di calcolo di cui disponiamo, ci consegnano un mondo in costante cambiamento dove ogni verità è assoluta, come sempre la scienza ci induce a pensare, e nel contempo impermanente, come se ci trovassimo di fronte a una successione di eternità che si susseguono al ritmo delle nuove tracce di mondi possibili.
Ma per concludere ho bisogno ancora di un piccolo aiuto, per il quale ci dobbiamo spostare di qualche giorno e di 6.072 km dalla Circonvallazione Ostiense.
In questo momento ad Agra, in India, alle 14.44 ora locale proprio accanto alle sponde del fiume Yamuna, in una piuttosto fatiscente cucina, così lontana da quella di Ettore, il piccolo Amal, 12 anni, sta leggendo il n.44 dei Fantastici 4 e a pag. 26 si trova ad appoggiare sulla vignetta in basso a sinistra, dove Galan urla contro la Torcia Umana, un piccolo barfi, un dolcetto alle mandorle e pistacchi grande quanto una moneta da due euro che ha fatto sua nonna qualche ora prima.
Amal, in fondo, si annoia. Avrà letto quel fumetto 30 volte e con uno di quei gesti che raccolta la noia più di qualsiasi altro mette l’indice sul barfi per farlo scivolare immotivatamente e stancamente lungo la pagina, dal basso verso l’alto, verso la vignetta dove Galan apre le braccia per mostrare tutta la sua potenza. Ma in quel preciso momento Aditi, sua sorella di 4 anni, in fregola di barfi alle mandorle e pistacchi spunta da sotto l’ascella di Amal e mettendo la mano sul lembo della pagina del fumetto lo tira a sè per avvicinare il barfi che il fratello vi ha appoggiato sopra. Amal ha il dito sul piccolo dolce e non lo molla, così Aditi trascinando il fumetto a sé fa scorrere, suo malgrado, il barfi lungo la pagina, e il dolcetto, seppur immobile sotto il dito di Amal, raggiunge proprio la vignetta il alto verso cui il suo dito si stava dirigendo, andando a finire esattamente tra le braccia aperte di Galan il terribile.
Amal che a scuola ha studiato ormai da tempo il sistema solare e sa che la Terra, fatto ormai conclamato, giri attorno al sole, in quel momento vede sciogliersi la coltre di nebbiosa noia sotto la potente fiamma di un intuizione e pone a sé una domanda: e se invece fosse proprio quello che vediamo? Se fosse il sole a girare intorno a noi? E non lui solo, ma l’intera galassia e poi l’universo intero, magari? Sì, perché se sotto il suo immobile, dolcissimo, dolce di mandorle e pistacchi insieme al fumetto si fosse mosso il tavolo e con il tavolo l’intera cucina e sotto la cucina l’intera casa, e la terra, e la galassia ancora, lui, il piccolo dolce, sarebbe rimasto di fatto fermo pur potendo dare l’impressione di muoversi a un osservatore integrato nel movimento di tutto il resto…
E così, allo stesso modo, la Terra potrebbe essere l’unico oggetto immobile in un universo che intorno a lei si muova.
«Ecco, sì, è questa!» pensa Amal come se Ettore si fosse impossessato di lui «questa è un’ipotesi teorica… E io dimostrerò che quest’ipotesi è vera!»
Grazie Amal, sto già facendo un ordine Amazon per farti arrivare il tuo primo computer. E per favore, se puoi, spingiti più in là con i tuoi calcoli, e mostrami che l’universo intero sta girando attorno al piccolo dolce di mandorle e pistacchi.
In copertina:immagine da www.nasa.gov
Luigi Saravo