Sharing Economy, proposta di legge: opportunità o burocrazia?
In occasione della proposta di legge italiana per la Sharing Economy, le startup chiedono alla PA più collaborazione, più apertura e maggiore supporto nella creazione di dialogo con i cittadini. E di non aggiungere burocrazia a burocrazia.
Il 2 Marzo scorso è stata presentata alla Camera una proposta di legge sulla Sharing Economy che, forse, porterà il nostro paese ad avere entro il 2017 una disciplina dell’economia della condivisione, un’occasione per promuovere questo nuovo modello e magari anche una opportunità per la PA di confrontarsi con le realtà all’esterno.
“La cultura del cittadino come portatore di soluzioni e della collaborazione tra cittadini, imprese e Amministrazioni, deve ancora entrare nel modello italiano.”
Questo il commento del Direttore Generale di Forum PA Gianni Dominici, all’apertura del congresso Sharing City, dalla visione alla realtà organizzato in occasione del Forum PA 2016.
Ad oggila PA può vantare solo poche collaborazioni inquadrabili in ottica Sharing Economy perchè nate con l’obiettivo di innovare servizi, offrire spazi condivisi, riqualificare il territorio o abbattere il Digital Divide. Si tratta per lo più di iniziative nate dal basso, portate avanti da No profit e Associazioni che offrono soluzioni ad alto impatto sociale, riqualificazione di aree degradate e progettazione di servizi per il territorio. Come l’occupazione iniziata nel 2013 da Officine Zero a Roma, che ha dato vita a un progetto condiviso con il Municipio di Roma-Tiburtina per la valorizzazione delle attività artigianali e delle libere professioni; dell’Associazione Tagesmutter-Domus ormai attiva da vent’anni e adesso su base nazionale e dell’infrastruttura per le telecomunicazioni Common Net, che sfrutta le frequenze libere per portare internet gratuitamente alle comunità locali.
Quando però si passa al confronto sulla proposta di legge, tuttavia, la collaborazione tra startup emergenti pioniere della Sharing Economy appare ancora fortemente caratterizzata da assenza di certezze e sfiducia degli attori.

Se da una parte, infatti, con l’attuale vuoto normativo in ambito marketplace le nascenti startup possono vendere online servizi senza una vera regolamentazione, dall’altra, la burocrazia delle regolamentazioni delle PA -applicata a un modello flessibile che spesso coinvolge figure professionali di nuova generazione- sembra rendere estremamente incompatibile il dialogo tra le due (eccesso di regolamentazioni, Amministrazioni impreparate nonostante l’esistenza di quadri normativi in cui inquadrare le proposte di innovazione).
“Sarà la PA a doversi adattare al cambiamento del modello economico, o la Sharing Economy a doversi adattare alla PA?”
la domanda arriva da Luca Simi di Guide me Right, un nuovo servizio che permette di prenotare online esperienze turistiche, coinvolgendo maestranze del territorio o semplici cittadini che vogliano offrirsi come guida ai visitatori del nostro Paese.
Per Veronica Tentori dell’Intergruppo innovazione Camera dei Deputati nessuna delle due, perchè l’innovazione sociale è al centro dell’interesse della PA e per questo i casi di successo ad oggi hanno premiato le eccellenze del territorio.
La Norma, nata con gli obiettivi di:
- incentivare la sostenibilità ambientale
- razionalizzare le risorse
- creare spazi collettivi
- riqualificare le aree degradate
- promuovere l’innovazione sociale e tecnologica
rischia però di aggiungere burocrazia a burocrazia, laddove basterebbe recuperare norme regionali o nazionali esistenti.
“Rispettare anche le regole non scritte evitando di sovraregolamentare potrebbe essere la chiave, laddove la figura del Consumatore ormai trasformato in Prosumer (cioè sia fruitore che operatore), necessita di una tutela differente.”
Marco Pierani responsabile delle Relazioni Esterne di Altroconsumo pone l’accento sulle nuove tutele che dovranno necessariamente scaturire «è importante riconoscere al cittadino il suo ruolo attivo, è importante che tutti i cittadini possano beneficiare a pieno dell’innovazione tecnologica».
Virginia Marchione