Soil Monitor controlla il consumo di suolo nelle nostre città

Presentato al Senato lo strumento italiano open source e democratico per il monitoraggio del consumo di suolo.

Il 29 Giugno è stato presentato al Senato Soil Monitor, uno strumento innovativo in grado di monitorare il consumo di suolo sul territorio realizzato da Crisp (un centro di ricerca formato dall’Università di Napoli Federico II e dal Cnr) con la collaborazione di Ispra, Geosolutions e Istituto Nazionale di Urbanistica. La piattaforma è orientata a dimostrare che un nuovo approccio alla pianificazione e alla gestione dei nostri territori è possibile.

Democratica e accessibile, Soil Monitor è una piattaforma aperta agli addetti ai lavori e ai comuni cittadini. Selezionando una qualsiasi porzione di territorio l’utente può scoprire la quantità di suolo consumata negli anni ma anche gli effetti di un nuovo insediamento, uno strumento che potrebbe rivelarsi fondamentale nelle azioni di:

  • orientamento delle decisioni in merito all’uso del suolo;
  • supporto nel contrasto all’abusivismo edilizio;
  • supporto nell’applicazione della legge sugli eco-reati;
  • controllo dell’impatto dell’uomo sulla porzione territoriale selezionata;
  • realizzazione di piani urbanistici orientati alla sostenibilità e alla rigenerazione

Parlare di consumo di suolo in Italia è importante perché i dati rivelano una situazione drammatica: tra il 2008 e il 2013 nel nostro paese si sono persi 55 ettari al giorno, pari a 7 metri quadrati di territorio ogni secondo (dati Ispra 2015).

Non solo abusivismo ed eco reati, ma anche l’impatto negativo degli edifici sull’ambiente circostante: il consumo di suolo passa anche attraverso un approccio culturale diverso nella progettazione delle nuove costruzioni.

Costruire riducendo al minimo l’impatto, utilizzare materiali non nocivi e salvaguardare il rapporto uomo-edificio-ambiente è una priorità, l’Italia è ancorata ai metodi di progettazione tradizionali ed è fortemente indietro nell’impiego di materiali alternativi, molto diffusi in Stati Uniti e Nord Europa.

Legambiente ha fatto il punto sulla vivibilità ambientale dei capoluoghi di provincia italiani con la ventiduesima edizione di Ecosistema Urbano, la ricerca realizzata in collaborazione con l’Istituto di ricerche Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore: dall’analisi dei dati emergono città ingessate, statiche e pigre e un forte divario tra Nord e Sud.

Le aree urbane non hanno messo in moto un rinnovamento in chiave sostenibile, e non riescono a diventare culle di una rigenerazione urbana orientata a migliorare la qualità dei singoli e della comunità.

Il futuro impone il cambiamento istituzionale e organizzativo:

«Per sperare che le nostre città migliorino c’è una sola strada: fare dell’innovazione urbana e del miglioramento della vita in città la vera grande opera pubblica» è la riflessione di Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente.

Virginia Marchione