Una lezione americana

Ci sono fili invisibili e potenti che sorreggono la struttura del mondo, racconta un antico canto degli indigeni Oorinani, vi sono fili tra cielo e terra, tra fiumi e montagne, tra il falco e il topo, tra la pietra e il serpente. Poi alcuni, rossi come il corallo, trafiggono gli uomini e li mettono in contatto tra loro.

E così fu che il 19 settembre del 1985 un ragazzino di 4 anni di Gales Ferry, nel Connecticut, mentre giocava insieme al fratello Van nel retro di un pick up parcheggiato a pochi metri da casa sua si immobilizzò guardando il cielo e vide lì, nelle scure nuvole che andavano addensandosi per il temporale in arrivo, un’immagine del proprio futuro. Il piccolo vide se stesso mentre raccontava storie.

Nello stesso istante in Italia, a Siena, all’ospedale di Santa Maria della scala, di fronte alla cattedrale cittadina, un vaso arterioso esplose nella testa di uno scrittore italiano, come se tutte le immagini che l’uomo conteneva in sé fossero talmente potenti da traboccare dalla sua struttura biologica.

Il nome del ragazzino è Casey Neistat, quello dello scrittore era Italo Calvino.

Ci spostiamo a Anaheim, in California, tra il 23 e il 25 giugno appena trascorsi per rimettere in fila le circostanze di quest’associazione tra lo scrittore e il vlogger. Qui si consuma una conferenza annuale sui video on line, una riflessione sulla loro forza culturale, sulla comunicazione di questo millennio, sulla nuova prospettiva narrativa che il linguaggio in campo porta con sé.

Al centro di tutto, sempre, come fosse un antico mantra proveniente dalle più remote regioni della cultura umana, lo storytelling. La capacità di raccontare storie, i suoi modi, qui declinati attraverso uno specifico linguaggio.

In prima campeggia lo sponsor di YouTube. Il grande deposito enciclopedico della nuova era digitale, la miniera senza fondo di ogni possibile messaggio che un essere umano possa condividere con i suoi simili. La conferenza si chiama Vidcon e celebra se stessa attraverso l’arrivo delle star di questo territorio sconfinato che è il videomaking in rete.

Casey Neistat in alcuni video che ha prodotto durante la sua permanenza al Vidcon è letteralmente assediato dai fans. Giocando con loro si nasconde e si maschera, raccontandolo nei suoi Vlog quotidiani. Sì perché Casey è un Vlogger. Definendolo Vlogger sto facendo appello in realtà all’ultimissima parte della sua vita professionale, perché in senso più ampio Casey è un filmmaker e comunque credo che la definizione di Vlogger gli vada stretta a meno che non si voglia intendere il Vlog secondo i paradigmi da lui tracciati, ovvero una storia filmica di breve durata, raccontata in modo sofisticatissimo, e che abbia al suo centro la vita di chi la sta realizzando. Si perché Casey è un grande narratore contemporaneo, capace di utilizzare tutti gli strumenti che le nuove e vecchie tecnologie mettono a disposizione per raccontare delle storie.

Sono spiacente per tutti coloro che attraverso categorie accademiche non riescano a considerare in modo adeguato l’impatto linguistico del lavoro di Casey ma con lui si compie un salto di qualità nel rapporto tra storytelling e contemporaneità.

E qui torniamo al filo rosso come il corallo che collega due esseri umani quel 19 settembre 1985 perché per avere a disposizione categorie appropriate per comprendere Casey Neistat dobbiamo rifarci all’ultima opera di Italo Calvino, opera che lo scrittore concluderà proprio a ridosso della propria morte. Le “Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio”.

In questo testo preparato da Calvino in vista di un ciclo di lezioni da tenere all’Università di Harvard e mai compiute proprio a causa della sua morte, sono racchiuse le considerazioni fondamentali del narrare per chi volesse orientarsi nelle trasformazioni culturali che il nuovo millennio porta con sé. Se attraversiamo i titoli dei sei interventi che compongono il libro ci troviamo di fronte a sei indicazioni che Calvino riteneva essenziali per una letteratura del nuovo millennio ma che possono facilmente essere esportate in ogni ambito che riguardi la narrazione di storie.

Non è questo il luogo per approfondire singolarmente le lezioni ma già la loro enumerazione ci indicherà con immediatezza di cosa si tratti.

Leggerezza. Rapidità. Esattezza. Visibilità. Molteplicità. Coerenza. Eccole. Sei parole, affilate come lame di ghiaccio di limpida trasparenza, generate dalla necessità di dare una risposta al ritardo con cui spesso le categorie arrivano a raccogliere le trasformazioni del reale. La capacità di non temere l’assenza di peso della narrazione, l’osservare l’infinita possibilità di metamorfosi di ciò che esiste, l’esattezza con cui si può puntare lo sguardo sulla follia e i paradossi della condizione umana, la possibilità di costruire immagini visibili mentre si racconta, la molteplicità di connessioni tra fatti, persone, e cose del mondo, e infine la coerenza, l’ultimo dei temi, solo progettato, con una strana ironia visto che si parla di coerenza.

Ecco credo che se oggi dovessimo citare un narratore che più di altri abbia saputo far sue queste Lezioni Americane, sarebbe proprio un ragazzo americano, che probabilmente non ha mai letto Calvino, ma che come lui ha saputo guardare quello che gli succedeva attorno mentre si chiedeva “come posso raccontarlo?”.

Casey ogni giorno produce un video che edita sul proprio canale YouTube. Lì vi sono le sue esperienze, il suo credo, i suoi affetti, e intorno a lui tutto, costantemente si muove. Casey prova come ognuno di noi a mettere ordine attorno a sé, cercando di definire ogni giorno chi lui stesso sia. Ma la risposta è lì, nelle Lezioni Americane quando Calvino ci dice:

“Chi è ciascuno di noi se non una combinatoria di esperienze, di informazioni, di letture, di immaginazioni? Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario di oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili”.

Buon viaggio Casey.

di Luigi Saravo